sabato 3 novembre 2012

SCUOLA. DAVVERO LE ORE NON AUMENTERANNO? BENEDETTI G., Ore contate per il sapere, LEFT, 42, 20 ottobre 2012


Il ministro Profumo vuole aumentare «l’impegno degli insegnanti». Così si tagliano altri posti
Non era mai successo nella storia repubblicana che un ministro dell’Istruzione si pronunciasse con tanta ambigua approssimazione sull’impegno lavorativo dei docenti italiani. A metà anni Novanta, perfino l’imprenditore Giancarlo Lombardi, che dall’incarico in Confindustria passò al ministero di viale Trastevere durante il governo Dini, riconobbe che un’ora di lavoro in una classe equivale ad almeno due ore lavorative di molte altre occupazioni.



Un pasticcio lo fece, alla fine di quel decennio, il ministro Berlinguer, con il famigerato “concorsone”, che intendeva promuovere il merito e l’impegno solo del 5 per cento dei docenti, quota individuata esclusivamente sulla base della disponibilità di investimento nella scuola. Quel tentativo maldestro di nascondere gli stipendi “infami” (la definizione è di un altro ministro dell’Istruzione, Tullio De Mauro) della quasi totalità degli insegnanti dietro la foglia di fico di compensi meno indecenti per una ridottissima minoranza portava con sé la bocciatura, per scarsa professionalità, del restante 95 per cento dei docenti. Ora le dichiarazioni del ministro Profumo per giustificare l’ennesimo taglio ai fondi per la scuola pubblica riprendono un argomento, quello dell’impegno lavorativo, che intorbida l’immagine della categoria. Ora si parla di aumento delle ore di lavoro e di riduzione degli stipendi perché i docenti italiani, secondo il ministro, non lavorano abbastanza. Ma le indagini comparative internazionali rivelano che le ore di lezione in classe sono le stesse in tutti i Paesi dell’Ue. Inoltre non è possibile che un ministro dell’Istruzione non sappia che ogni ora di lezione scaturisce dalla continua riprogrammazione delle lezioni, da un tempo più ampio dedicato alla pianificazione e alla correzione delle verifiche. Tra impegni didattici e adempimenti burocratici, che negli ultimi anni sono aumentati per via delle politiche di contenimento della spesa, ai docenti italiani resta pochissimo tempo per aggiornarsi e la partecipazione ad eventi culturali sembra un lusso strappato ad una routine senza pause significative. Perciò, quando il ministro Profumo invoca un «atto di generosità» da parte dei docenti, le sue parole suonano punitive e beffarde. I docenti italiani hanno già pagato un prezzo altissimo per le malefatte di altri. Mentre il governo preparava l’ennesima stangata contro la categoria, il rapporto Education at a glance 2012 dell’Ocse rivelava che gli stipendi dei docenti italiani si collocano agli ultimi posti nel confronto con quelli dei colleghi degli altri Paesi. Dallo stesso studio risulta che gli insegnanti guadagnano il 40 per cento in meno degli altri lavoratori italiani laureati. Secondo il ministro Profumo i docenti possono riscattarsi con «una crescita dell’impegno sull’insegnamento, soprattutto fuori dalle classi». Che cosa vuol dire? I docenti sono disponibili a svolgere a scuola il lavoro che fanno a casa, anche perché, una volta per tutte, verrebbe a galla tutto l’impegno che il ministro sottovaluta o misconosce. Ma nei nostri malandati edifici scolastici non ci sono spazi per lo svolgimento delle attività complementari, manca il personale ausiliario che li tenga aperti, scarseggiano i computer funzionanti e le palestre agibili, non è previsto né un servizio mensa né che i termosifoni siano accesi nel pomeriggio. Il ministro conosce questa realtà, perciò dica che si vuole risparmiare sulle supplenze e non tiri in ballo un presunto scarso impegno dei docenti. Si assuma la responsabilità di sostituire la didattica con ore di puro intrattenimento, in cui il docente, svolte le ore di lezione che gli insegnanti di tutto il mondo riescono a gestire con professionalità, si limiterà a fare il sorvegliante. In gioco, come si vede, c’è la qualità dell’istruzione.
joeben61@libero.it

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