giovedì 26 giugno 2014

INDAGINE CENSIS. La sfiducia crescente nella scuola, 26 giugno 2014

Parlare di sfiducia nei confronti della scuola (e dell’università) non è
argomento nuovo.
La perdita di appeal dei percorsi educativi è d’altronde un fenomeno
contemporaneo di portata internazionale che accomuna l’Italia con il resto
dei paesi più avanzati. Non si tratta solo di un problema di “numeri”, dato
che almeno in Italia – considerato il ritardo storico con cui ci si è aperti alla
scolarizzazione diffusa – vi sarebbe ancora spazio per un ulteriore
ampliamento della scolarità scolastica ed universitaria, ma del lento
disgregarsi della “centralità” delle istituzioni educative, non più uniche
agenzie formative e non sempre capaci di governare e veicolare i nuovi
linguaggi della modernità.



Piccoli e grandi “distacchi” del corpo sociale - nelle sue diverse componenti
- dai destini del sistema educativo si consumano senza che decenni di
retorica – cui non è stata data efficacia attuativa - sull’importanza
dell’istruzione e sul suo ruolo dirimente di sostegno allo sviluppo del paese
siano riusciti a contrastare veramente questa deriva.
Il bicchiere appare “mezzo pieno” o “mezzo vuoto” a seconda dei punti di
vista, ma non si riesce a colmarlo, e rimane la sostanziale incapacità del
sistema educativo di passare da una missione di alfabetizzazione e
scolarizzazione di base e di massa ad una che coniughi dimensione
quantitativa, mobilità sociale e qualità del prodotto formativo.
Le politiche educative via via messe in campo hanno per lo più avuto effetti
momentanei, senza riuscire a colpire il “cuore” dei problemi, a bloccare il
lento ma costante sgretolamento della funzione educativa
“istituzionalizzata”:
- significative incrinature allentano il patto educativo tra scuola e famiglie,
sempre meno partecipi alla vita scolastica;
- si fa strada un clima di disincanto nei confronti del ruolo di promozione
sociale proprio della funzione educativa e nei confronti dell’importanza
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GIOVEDÌ 2 6 GIUGNO 2014
2  La  sfiducia  crescente  nella  scuola

 
di investire sui personali livelli di scolarizzazione, con un investimento
che necessariamente dovrebbe porsi in un’ottica di lungo periodo;
- la partecipazione ai processi educativi da parte delle giovani generazioni,
anche se non è mai stata così ampia come oggi, segna il passo e comincia
a mostrare i segni di uno stallo se non di un arretramento, sempre più
spesso non supportata da chiari progetti personali di vita e di lavoro.
In questo contesto, la crisi economica ha solo accentuato e reso
emergenziale lo scollamento tra le dinamiche educative e quelle del mondo
del lavoro, bloccando nei fatti il turn over generazionale, emarginando
ancora di più i giovani dal mercato del lavoro ed accentuando la loro
collocazione in posizioni non soddisfacenti, tra fenomeni di overeducation e
lavoro precario.
Certo, il vuoto di fiducia che si sta allargando intorno alla scuola non
dipende solo dalle dinamiche interne al sistema educativo. Manca nella
nostra società un disegno condiviso di sviluppo socio-economico che sappia
indicare con chiarezza e respiro ampio il ruolo che il sistema educativo è
chiamato a svolgere, che restituisca consapevolezza collettiva su obiettivi e
spazio di azione dell’ordinamento educativo.
Ma ad oggi, possiamo partire solo da questa desolante constatazione: mentre
in media in Europa due terzi dei giovani europei tra i 18 ed i 29 anni si
dichiarano ottimisti verso il futuro, in Italia tale percentuale scende al
47,8%, ed è in leggero calo rispetto alla situazione fotografata al 2007.

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